LINEE STORICHE
Recenti ritrovamenti confermano la presenza dell'uomo nella Valle del Garza intorno al VI millennio a.C. in età Mesolitica.
Orde di cacciatori percorsero i nostri monti ed il fondo valle seguendo lo spostamento di branchi di cervi e di caprioli e posero i loro bivacchi a Fienile Rossino sull'altopiano di Cariadeghe, non lontano dagli attuali confini del nostro Comune ed al Vhò, presso la Mitria, all'altezza della cartiera Comini.
Strumenti vari come grattatoi e microliti triangolari per armare aste di legno atte alla caccia ed alla pesca, testimoniano la presenza di queste comunità. Altri attrezzi furono smarriti o abbandonati durante la caccia o la raccolta di frutti spontanei all'interno del fitto manto boscoso che copriva tutto il territorio, come ad esempio, le due punte di freccia in selce ritrovate in località Corna di Caino.
Si trattò comunque di presenze temporanee, condizionate dal migrare stagionale della selvaggina. Circa coloro che per primi abitarono in modo continuo la valle, in assenza di riferimenti precisi non si possono che avanzare ipotesi per analogia con territori limitrofi o fondate sull'analisi toponomastica. Si suppone che il territorio sia stato abitato da tribù Cenomane poi fuse ed amalgamate con l'elemento romano in un lento processo di colonizzazione.
D'epoca romana (I-IV secolo d.C.) sono numerosi reperti ritrovati in zona. Essi confermano che la località era abitata e che gli insediamenti erano dislocati a Villa Mattina, a Villa Sera, in Messane, al Pozzolo, dove fu ritrovato, con altri materiali, un grosso mortaio in pietra. In località Cloasso, in Val Bertone, accanto a tracce d’insediamento fu scoperta una necropoli del II - IV secolo con dodici tombe.
La popolazione primitiva convergeva su Nave ed un sentiero percorrente il fondovalle la collegava alla Mitria, centro economico, religioso, amministrativo, del vasto pago comprendente i territori di Cortine, Muratelo, Nave e Caino.
Sul versante est, un sentiero in quota, probabilmente in buona parte coincidente con quello ancora oggi noto come Senter Bandit, attraverso il Dragone ed il Dragoncello, collegava il colle di S. Eusebio con S. Vito; qui si divideva proseguendo per Nave da un lato, verso S. Gallo Caionvico, S. Eufemia, Brescia dall'altro: era la via più breve di collegamento con la valle Sabbia, le Giudicarie, Trento e quindi con la Germania attraverso il Brennero.
Sulle Coste di S. Eusebio, naturale punto di sosta, la chiesa si sostituì ai decadenti istituti romani della pubblica viabilità, quando i barbari sovvertirono gli ordinamenti imperiali.
Già sede di comunità monastiche anteriori alle regola Benedettina, come attestato dal culto di S.Eusebio Vescovo di Vercelli, uno dei fondatori del monachesimo occidentale, uno Xenodochium, un Hospitium per secoli fu sicuro riferimento sull’impervia via, centro di ristoro ed assistenza per viandanti e pellegrini.
Il nodo stradale delle Coste, fu per tutto il Medioevo di primaria importanza: da qui si diramavano i sentieri per Vallio, Serle, il Dragone, la Rocca di Bernacco e per tutte le vaste proprietà montane del potente monastero benedettino di S.Pietro di Serle.
La chiesetta dell’antico ospizio, demolita e ricostruita negli anni ’50, si apre ancora oggi ogni anno il 2 agosto festa di S.Eusebio, segnata nel Martirologio prima che vi prendesse posto quella di S. Pietro in Vincoli.
All’altro capo della Valle, intorno al 1100 Conche vide la straordinaria avventura di Costanzo che, abbandonata la spada per la croce, si ritirò sulla montagna per vivere in solitudine nel silenzio e nella preghiera.
In Conche visse poveramente ed edificò una chiesetta. Alla sua morte, il 12 febbraio 1151, lassù era ormai consolidata la singolare esperienza di comunità religiose dedite al lavoro ed alla meditazione. Il piccolo convento sorto accanto alla Chiesetta di S. Maria fu sede originariamente di Canonichesse Regolari, poi di una colonia Umiliati di S. Luca, a loro volta sostituiti da Suore Domenicane di S. Caterina di Brescia che vi rimasero fino al 1797 quando gli ordini religiosi furono sciolti in seguito all'occupazione francese.
Ritrovati, i resti del Santo, furono trasportati da Conche alla Chiesa di S. Caterina in Brescia il 16 settembre 1481. La devozione per S. Costanzo era molto viva nella popolazione locale ed il notaio Jacomo Melga c'informa con una colorita cronaca del tempo che per opporsi alla traslazione del corpo del Santo da diversi sentieri uomini di Nave, Lumezzane, Caino, accorsero armati con partesane, giavarine, chi etiam cum bastoni. La sommossa fu domata a fatica e finì con un processo con molti condannati. Strettamente collegato con le vicende di Conche è anche l'eremo rifugio di S. Giorgio la cui esistenza è già documentata prima della fine del 1200.
La chiesetta dell'eremo fu probabilmente ampliata o ristrutturata ad opera delle Domenicane di S. Caterina ed abbellita con dipinti datati 1512. Gli affreschi dell'abside, eseguiti da mano esperta svolgono secondo canoni classici il tema dell'Annunciazione; vi sono inoltre raffigurati i Santi: Rocco, Caterina, Barbara, Brigida e naturalmente San Giorgio.
Molte opere per la conservazione di S. Giorgio, sono documentate negli archivi parrocchiali, prima dell'ultimo massiccio restauro degli anni ‘80, a testimonianza della devozione e dell’amore portato dalla popolazione per quel luogo di ritiro.
Per gran parte del Medioevo non si hanno notizie sul paese. Si può supporre che, mentre sui monti fiorivano le istituzioni religiose, nella valle l’abitato abbia attraversato periodi difficili per lo scatenarsi di lotte feudali e che stretto intorno al piccolo castello medioevale, sorto a difesa dalle ultime invasioni barbariche degli Ungari e noto come fortezza del Gallo, il Comune difendesse gelosamente la sua autonomia.
Nel 1401, però Roberto di Baviera, per assicurarsi aperto il Valico delle Coste, concedeva il territorio di Caino e di altri comuni limitrofi in feudo ad Alberghino da Fusio detto il Generoso. La signoria degli Alberghini fu di breve durata, travolta dalla guerra tra i Visconti e Venezia. Le truppe viscontee del Talliano occuparono il paese nel 1438-1439.
Conclusasi la guerra, con la vittoria di Venezia, sotto il dominio della Serenissima ebbero vigoroso impulso le attività produttive. Agli inizi del 1500 a Caino esistevano due cartiere ed una fucina per la lavorazione di armi molto apprezzate per la buona qualità dell’acciaio.
Nel 1527, nella notte del primo maggio, dopo piogge violentissime, il Garza dilagò travolgendo colture e cartiere ed arrecando danni gravissimi.
Non è noto quando il paese raggiunse l’autonomia religiosa dal Pievato di Nave, ma l’esistenza della parrocchia è attestata in documenti dell’anno 1504. La primitiva chiesetta dedicata a S. Zenone fu probabilmente demolita per far posto alla nuova parrocchiale terminata nel 1730.
La nuova chiesa è ancora oggi oggetto di ammirazione per i suoi altari, i suoi marmi, le soase settecentesche, la pala dell'altar maggiore opera preziosa di Giambettino Cignaroli.
Il culto di S. Rocco, che ebbe nel 1500-1600 grandissimo seguito soprattutto nelle campagne, si concretizzò nell'edificazione della chiesa al Santo dedicata, probabilmente in seguito alla tremenda peste del 1575-1577 nota come la peste di S. Carlo. Qui la popolazione, processionalmente in forma solenne, convergeva in occasioni di gravi pestilenze: la peste del 1630, il colera del 1836 (20 morti) e del 1855 che causò 45 vittime in un paese che contava poco più di 700 abitanti.
Tra le altre epidemie che colpirono il nostro paese si possono ricordare: la scarlattina dell’anno 1872 (con 13 bambini morti nell’arco di tre mesi) e la Spagnola del 1918/1919 con 19 morti.
Anche la primitiva cappella della Madonna delle Fontane fu edificata in ringraziamento perché il paese era stato liberato da una grave pestilenza. Secondo la leggenda la Madonna apparve ad un mandriano muto suggerendogli il modo per liberare il paese dalla grave calamità. Non sappiamo a quale preciso episodio si possa far riferimento, certamente la chiesetta che corrisponde all'attuale sacrestia del Santuario fu eretta nel corso del 1600 e porta ancora tracce di stucchi ed affreschi che facevano cornice ad un'immagine o quadro della Madonna Addolorata.
Il Santuario, consacrato nel 1750, che rivela notevole armonia e coerenza stilistica è attribuito al celebre architetto bresciano Domenico Corbellino o Corbellini (1718 – 1790). All'interno vi sono affreschi del primo 800 ed un bassorilievo in marmo rappresentante la Vergine, opera di Tarcisio Bertoli.
Le attività produttive dopo un brillante avvio nei primi anni del dominio veneto, ristagnarono nel corso del 1600 e del 1700 accompagnate da una notevole flessione demografica; sopravvissero le cartiere, ma scomparve l’industria delle armi in seguito alle restrizioni doganali imposte da Venezia e al naturale calo della domanda di armi bianche. Le quattro fucine esistenti nel 1641 convertirono l'attività cominciando la produzione di arnesi e strumenti agricoli, con scarsa fortuna.
Le principali risorse in realtà furono per secoli quelle rappresentate dal territorio con i suoi boschi e i suoi monti. Scriveva Giovanni da Lezze nel 1609: “Il territorio è di lunghezza di tre miglia et di larghezza 6. Monti alti fino a tre miglia detti Cariadeghe, et fruttiferi fino alla terza parte essendo poi di sopra boschivi, da quali si cava mazzotti et legna grossa et anco altre da far carboni. Vi sono poi delle colline arradore et videgate, cavandovi di buon vino in particolare. Li milior Piò vagliono fino a D. 500 l’uno ”.
Carestie e pestilenze non furono i soli tragici episodi che colpirono dolorosamente il paese; anche il transito di eserciti che calavano dal Colle di S. Eusebio arrecò lutti e rovine.
Nel dicembre 1704, durante la guerra di successione spagnola, Caino fu occupato dalla cavalleria imperiale che lasciò segni visibili per molto tempo.
Il 15 agosto 1796 il generale Bonaparte, scortato da 400 dragoni a cavallo, attraversava il paese e saliva alle Coste di S. Eusebio diretto a Odolo e negli avvenimenti successivi della campagna Napoleonica le truppe francesi occuparono Caino danneggiando la chiesa e devastando gli archivi parrocchiali. Anche Don Faustino Borra fu ucciso all'epoca in circostanze poco chiare.
Nel 1810, il comune fu soppresso, per un breve periodo di tempo, e Caino divenne frazione di Nave.
Durante il dominio austriaco la Valle del Garza fu percorsa da fremiti risorgimentali. Nel giugno del 1849, il commissario distrettuale inviava alla Delegazione provinciale un preoccupato messaggio: “ Le bande armate che si aggirano sui monti di Serle, Nave e Caino vanno prendendo tanta audacia procedendo effettivamente a fatti così arditi e pubblici da restarne compromesse le popolazioni pacifiche di que’ Comuni …. Nei giorni 14,15,16 corr. Invasero il Comune di Caino …Si fa osservare che i capi delle bande sarebbero i seguenti: Azzano Lododovico, disertore di Caino, Castellini N., disertore di Gavardo, Acerboni Carlo detto Marafio macellajo”.
Nel 1851 – 1852 le vallette nascoste di Nave e Caino divennero basi segrete di esercitazioni di Tito Speri e dei suoi seguaci, che proprio a S. Eusebio tenevano nascoste delle armi.
Il novecento ha visto anche Caino versare il proprio contributo di sangue alla patria. Il monumento ai caduti, in piazza Trieste ricorda i 14 giovani che non hanno più fatto ritorno dalla Grande Guerra e i 14 che hanno perso la vita durante la seconda guerra mondiale e la lotta di resistenza.
Nel 1928 il regime fascista impose la fusione tra paesi vicini e Caino divenne per la seconda volta frazione di Nave fino al 31 marzo 1956.
A partire dal 1949 furono fatte richieste al ministero affinché fosse ripristinata l’antica autonomia chiedendo contemporaneamente che il nome del paese fosse cambiato in Millefonti. Molti criticarono quest’ultima iniziativa, poi abbandonata, e in un articolo sul Giornale di Brescia del 9 ottobre 1949, Natale Bottazzi spiegava che il nome del paese aveva nulla a che vedere con il biblico fratricida, ma che derivava dalla voce dialettale Caì, abbreviazione dell’antico toponimo ligure Caiò , che significa casa, luogo recintato.
Altre interpretazioni vogliono che il nome del paese derivi da Catinum cioè conca, catino, terreno tra i monti; da Cainus, pronome virile romano; da Cà-ì , contrazione di “casa del vino”; da Gava, da cui Gavinus e poi Cainus, cioè luogo sul fiume; da Gait, recinto.
Caino appare citato per la prima volta in pergamene dell'anno 1041 e dell’anno 1053 provenienti dal monastero in Monte Orsino di Serle e successivamente negli Statuti Comunali di Brescia dell’anno 1246. Gli statuti proibivano il trasporto di sale e olio sulla strada di Vallio e Caino. Dal contesto generale sembra di capire che Caino fosse comune autonomo. Se così è, allora il nostro comune è tra i più antichi della provincia.