IL TESORO DEL FOLLO
Riferimenti Normativi
Il tesoro del Follo (da. “Leggende e Storie di Caino” – Biblioteca Comunale 1979)
Il Mancino era già vecchio e malandato quando lo presero.
Ora, dopo una vita scellerata d'omicidi e furti sacrileghi, era in carcere nell'attesa d’espiare le sue colpe sul patibolo. Divideva la cella con un giovane, imprigionato per colpe di poco conto e quindi in procinto di essere rimesso in libertà.
Il giovane era svelto e furbo e non conosceva la paura, per questo lo chiamavano Ammazzadiavoli. Il Mancino era taciturno e non sorrideva mai. A volte, però parlava nel sonno e delirava di un tesoro nascosto. Quando questo succedeva, Ammazzadiavoli tendeva l’orecchio, ma i discorsi del vecchio erano confusi e sconclusionati e il luogo dov’era sepolto il tesoro non era mai menzionato.
Una notte il Mancino invocò aiuto: stava male ed un affanno sempre crescente gli stringeva la gola. “Stai per morire” mentì il giovane. “Confidati con me. So che hai nascosto un tesoro, frutto di sangue e violenze. Dimmi dov’è sepolto e io renderò ad ognuno ciò che è stato tolto riparando al male che hai fatto. Farò dire delle messe in suffragio dell’anima tua” disse e impaziente attese.
“Uscito di prigione dovrai camminare sette leghe … prova in tutte le direzioni finché non troverai un gruppetto di case … una piccola contrada vicino ad un fiume. C’è anche una colombaia … conta settanta passi dal fiume e arriverai ad una piccola chiesa. A sette pertiche dalla chiesa c’è un orto con una pianta di fico. In alto, tra i rami, a sette braccia d'altezza c’è un grosso chiodo piantato. Mettiti sotto quel ramo e scava. A sette spanne di profondità è sepolto un bauletto … quando l’avrai aperto vedrai cose preziose: rubini e smeraldi strappati a sacri arredi di chiese profanate, calici d’oro e croci preziose, giade e topazi portati dall’oriente … Vi troverai monete d’ogni genere: Zecchini d’oro e Filippi d’argento, Berlingotti con incisa la testa di Luigi XII e S. Ambrogio a cavallo e poi ancora Ducati e Fiorini e Dobloni di Spagna ..” Così parlò, a lungo, il Mancino poi tacque e si addormentò. Ammazzadiavoli con le orecchie incollate al viso del vecchio, non aveva perso una parola e i suoi occhi brillavano di cupidigia.
Il mattino seguente fu liberato. Con una pala partì alla ricerca del tesoro. Camminò molte volte per sette leghe in varie direzioni e, proprio quando già disperava, una notte trovò quello che cercava. Davanti a lui c’era un gruppo di casa con una colombaia. Poco lontano, più in alto si distingueva a malapena nell’oscurità un paese. Non ne conosceva il nome, né la cosa era per lui importante.
Era arrivato a Caino, al Follo Scanzi. Contò con grande attenzione settanta passi e si trovò di fronte alla chiesetta di S. Giovanni Battista, misurò con il manico della pala sette pertiche e trovò l’orto. Entrato nell’orto, dopo sette passi fu sotto il fico. Aguzzò gli occhi e al debole chiarore della luna riuscì a distinguere un grosso chiodo piantato tra i rami. Era arrivato, era proprio vero: tutto coincideva. “Il Mancino, che credulone! Altro che messe, altro che restituire tutto quel ben di Dio! Lui solo avrebbe goduto di quella fortuna!”. Così pensava Ammazzadiavoli, mentre frenetico scavava.
A sette spanne di profondità la pala urtò qualcosa: era il baule che cercava. Con le mani tremanti lo liberò dal terriccio residuo, poi chiuse gli occhi per un istante mentre alzava il coperchio, quasi per ripararli dal luccichio d'ori e pietre preziose. Poi guardò: il baule era vuoto! Lo girò e rigirò, lo capovolse: era proprio vuoto!
Impietrito, per lungo tempo incapace di muoversi, non poté che pronunciare frasi sconnesse. Era quasi l’alba quando tornò in se, uscì dalla buca, gettò la pala e maledisse il mancino. Se ne andò nella notte e di lui non si seppe più nulla.
Il Mancino sopravvisse solo poco tempo e morì ridendo, pare, per una burla giocata ad un credulone.